lu:ka wrote:Ti correggo qualche errore
Omikron wrote:Grazie per la spiegazione! Credo
di aver1 capito: Se
la condizione non è certa2 o non è molto probabile e/o si vuole3 essere cortese, si usa il congiuntivo e
il4 condizionale (o
l' 4imperfetto); se
la condizione è certa2, quasi come un fatto e/o si vuole3essere molto informale/colloquiale5 è possibile usare
l' 4indicativo (o
l' 4imperativo).
1 se dici "credo che abbia capito" sembra che tu stia parlando di un'altra persona (credo che lui/lei abbia capito) perché con il congiuntivo esprimi incertezza, tu invece ritieni di "aver capito" (è un fatto compiuto) ne sei praticamente certo.
Ha ragione lu:ka a dire che la frase di Omikron non è chiara: "credo che abbia capito", generalmente, significa "credo che LUI/LEI abbia capito".
Non è corretto, però, affermare che la frase "credo di aver capito" sia priva di incertezza: questa, infatti, deriva dall'uso del verbo "credere", che esprime un giudizio personale. Anche se Omikron è "praticamente certo" di aver capito, il fatto è che lui ha espresso questa "certezza" con un verbo ("credere") che "fa scattare", automaticamente, il congiuntivo nella frase dipendente (che io/tu/lui/lei abbia capito), e questo accade proprio perché il verbo "credere", che è un verbo di opinione, implica una certezza non assoluta.
Che sia più corretto dire "credo di aver capito" dipende dal fatto che se il soggetto della proposizione reggente ("credo...") è identico a quello dell'oggettiva ("...che io abbia capito"), la proposizione oggettiva usata è, normalmente, quella nella forma implicita, con il verbo all'infinito, retto generalmente dalla preposizione "di". Dunque, è giusto dire "credo di aver capito" al posto di "credo che io abbia capito", ma la sfumatura di dubbio data dal verbo "credere" permane. Quello che voglio dire è che non si usa il congiuntivo solo perché si crede qualcosa di qualcun altro, come, ad esempio, nella frase "credo che lui abbia capito". In "credo di aver capito" non si usa il congiuntivo solo perché il soggetto delle due proposizioni è identico. "Credo di aver capito" mantiene lo stesso significato della frase (che di solito nessuno pronuncia) "credo che io abbia capito".
Confrontate le frasi seguenti: "so di aver capito" e "so che hai capito". Queste due frasi dimostrano come nella proposizione oggettiva implicita (la prima) si usi la forma con "di" più l'infinito solo perché i soggetti delle due proposizioni sono identici, indipendentemente dalla presenza di un congiuntivo nella proposizione oggettiva esplicita. In entrambe le frasi , infatti, io "so" qualcosa, con la massima certezza possibile. Non avrei quindi bisogno di sottolineare una maggior certezza del mio sapere relativo al mio capire, tramite l'utilizzo della forma implicita ("so di aver capito"), rispetto alla mia certezza relativa al sapere di un'altra persona ("so che lui ha capito"). Questo dimostra che l'uso della proposizione oggettiva implicita (quella col "di" e l'infinito) dipende unicamente dall'identità dei soggetti della proposizione reggente e di quella oggettiva.
La presenza di un infinito passato nella proposizione oggettiva implicita ("...di aver capito") indica un fatto antecendente al credere ("io credo (ora) di aver capito (prima)"), mentre un infinito presente ("... di capire") ne indica uno contemporaneo a quello ("io credo (ora) di capire (ora)").
Il fatto è che omkron non dice di sapere di aver capito (avrei potuto anche scrivere "non dice che sa di aver capito"...dunque, si può anche dire "non dico che so di aver capito", per evitare la ripetizione di proposizioni implicite oggettive, come in "non dico DI sapere DI aver capito", in cui si dimentica quasi, dopo tutti quei "DI", qual è il soggetto), ma di crederlo. Si tratta sì di un fatto compiuto, ma esso non viene saputo con certezza, bensì solo creduto.