Parmigiano

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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 15:56

abc_conlang_123 wrote:L'esempio şög - şügà mi ha appena confermato come sospettavo che ö atona diventa ü. Per caso şög ha come il bolognese żôg un omofono che significa gioGo da buoi ?
Il lemma da cui ho preso la parola indica come significato primario "gioco" e come secondario "il complesso degli uccelli da richiamo". Nell'etimologia viene citato soltanto iocus e non iugum. Inoltre sia il Cherubini, sia il Peri registravano due lemmi diversi.
Il Cherubini nella pagina successiva metteva anche la forma sonora zov sempre per giógo.
Per quanto riguarda l'ortografia, puoi trovare tutto sul completissimo sito officiale del dialetto bolognese, cerca su internet "dialatt bulgnais", è un sito all'apparenza vecchio ma costantemente aggiornato.
Il sito mostra solo l'ortografia con i fonemi del bolognese, non con i fonemi appartenenti ad altri dialetti.
Conoscevo quell'eccellente sito. :D
Il problema per me è che appunto non dice come rappresentar le nostre vocali arrotondate.
Infine, nella prima pagina c'è il simbolo di un sole e una nuvola o qualcosa di simile con la scritta "Il vento e il sole" : clicca e troverai la traduzione con tanto di sonoro di una favola in moltissimi dialetti settentrionali e centrali. È interessantissimo comprare le varie versioni ed il bello è che applica l'ortografia citata a tutti i dialetti con i vari simboli specifici ( è divertente per esempio leggere le versioni in toscano con il raddoppiamento sintattico e la gorgia rappresentati graficamente ).
Questo però non l'avevo notato nelle mie visite precedenti! Fichissimo! Mi son subito arraffato le versioni mantovane e lucchesi! :yep:
abc_conlang_123 wrote:Ah, e ho appena notato che in sandœć quella a derivante da una precedente i / e è chiarissimo segnale di influenza mantovana e, soprattutto ferrarese. Nei dialetti emiliani più vicini alla zona che hai descritto non c'è.
In ferrarese per esempio lenzuolo si dice lanzol.
Scusa ma qua non ho capito.
Il mio dialetto è considerato, da me e dai piú, una forma di mantovano.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 16:09

Intendevo dire che è un tratto mantovano, non cremonese.
ø si scrive ö
ø: si scrive ő
y si scrive ü
y: si scrive ű
œ credo rimanga œ.
Nei dialetti senza quantità distintiva si usano i simboli delle vocali brevi.
Altri simboli sono ë che è una ə accentata, ä che indica /æ/ e å che indica una o apertissima.
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 16:22

Grazie di cuore per le dritte ortografiche. Quindi l'idea è di usare i diacritici magiari. :D

Una domanda però: per rappresentare la e e la o aperte e lunghe, cioè /ɛ:/ e /ɔ:/ come si fa?
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 17:32

Per la e e la o aperte lunghe si scrive semplicemente è - ò, perché in bolognese cittadino non esistono le corrispondenti brevi. Nei dialetti che le prevedono si usano i simboli ĕ - ŏ.
Inoltre credo che in mantovano e nei dialetti affini, come in ferrarese, non vada applicata la trascrizione della quantità consonantica.
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 17:36

No, infatti non abbiamo geminate. Di nuovo grazie. :)
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 17:40

Altra cosa importantissima. Immagino che nel tuo dialetto non esista il suono z dell'italiano piazza.
Per questo motivi molti utilizzano la s sonora con z ( per esempio scrivono cazeta per casetta ).
E' tuttavia sbagliato in un ottica di ortografia unitaria ed interdialettale, perchè altri dialetti hanno il suono z e, per esempio, un bolognese leggerebbe quella parola con la z ).
Pertanto è opportuno utilizzare segni come la s con puntino sopra o simili.
Intricatissima è la questione della n velare. Non so se in mantovano sia un fonema distinto o solo un allofono, comunque la spinosa discussione circa la sua resa grafica è sul sito.
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 17:56

Sí, il mio dialetto non ha le affricate /dz/ e /ts/. La seconda si sente di tanto in tanto in parole come piza dove però, a differenza dell'italiano, è di solito scempia.
Quanto a me non ho mai amato scrivere la s sonora colla z. Qualcuno lo fa, soprattutto per la difficoltà nell'usare strani diacritici, ma quando si può si tende a usare ş.

Sull'opposizione fra n velare e alveolare ho a lungo indagato con locutori del dialetto locale, ma alla fine, com'era da aspettarsi, non s'è concluso nulla. Canepari lo mette soltanto come allofono.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 18:09

Può essere utile capire se c'è una differenza di nasali tra parole come anno/hanno/ano oppure pane/panno.
La nasale è omorganica come nell'italiano [ kamˈbjare, iɰfiˈlare, kanˈtare, ˈaŋke ] o sempre velare come nel bolognese [ kaŋˈbjɛːr, iŋfiˈlɛːr, kaŋˈtɛːr, 'æŋŋk ] ?
In emiliano ci sono anche casi di nasale omorganica dopo vocale breve, come åmmbra, tannder ( ombra, tenero ) che hanno appunto / m / e / n / come in italiano standard.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 19:43

Ricapitolando :
a - a oppure à oppure á
aː - â
æ - ä
ʌ - å
ɛ - ĕ
ɛː - è
ɔ - ŏ
ɔː - ò
e - é
eː - ê
o - ó
oː - ô
i - i oppure í oppure ì
iː - î
u - u oppure ú oppure ù
uː - û
œ - (forse) œ
ø - ö
øː - ő
y - ü
yː - ű
ə - ë

Esiste tutta una serie di altri simboli, come per le vocali ridotte in pavese e le vocali nasali in bolognese montanaro, ma non è il caso del mantovano ( almeno credo ).

Se un timbro vocalico o tutte le vocali non possiedono quantità distintiva, basta usare il simbolo della vocale breve ( es. se non c'è lunghezza distintiva per /y/ si scrive sempre ü ), ma per le e/o aperte si possono usare i più comodi è/ò.

Simboli "polivalenti" :
ä si può usare anche per segnalare che la pronuncia possibile è /a/ oppure /ɛ/, come nell'articolo femminile plurale emiliano "äl" che in molti dialetti oscilla tra al e èl anche tra i singoli parlanti.
ů si usa in reggiano per segnalare che è indifferente pronunciare o oppure u ( fůrnèr si può leggere sia fornèr che furnèr ). In reggiano si usa solo in posizione atona, ma da quanto ho capito nei dialetti mantovani rustici c'è confusione tra la o e la u, quindi potrebbe essere usato per segnalare la doppia variante ( a proposito, la versione della favola in mantovano cittadino chiude tutte le o chiuse in u, mentre il dialetto di Marmirolo conserva parecchie vocali finali "alla veneta" ).

Per le consonanti ( eccetto la questione nasale velare ) il sito è molto chiaro.
Si usa in particolare s-c per indicare s + c di ciao, ancora una volta perché la grafia deve essere interdialettale e altri dialetti hanno il suono sc di sciare.
C e g "dolci" in fine di parola si scrivono c' e g'.
La q si usa solo in inizio di parola per le ragioni ben spiegate nel sito.
Per il resto credo che le consonanti del mantovano esistano tutte in bolognese, quindi lortografia del sito è perfettamente applicabile.
L'unico problema è quello delle sonore o sorde in fine di parola. La versione in mantovano della favola conserva le sonore ma non è detto che gli altri dialetti facciano lo stesso. Inoltre mi sembra strano che nel mantovano della favola non ci sia opposizione di quantità. Perlomeno dalla grafia non appare.
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 20:43

Grazie di nuovo per l'ottima sintesi, me la son salvata e messa al sicuro nel disco rigido. :)

Sulle sonore o sorde alla fine non vedo un gran problema, quando c'è la sonora si scrive la sonora, quando c'è la sorda, si scrive la sorda.

Come ho detto la questione della quantità in mantovano è triste, perché nessun mantovano ha mai tentato di rappresentarla per quanto ne so. Per esempio nella storiella di Mantova città io sento abbastanza bene la differenza tra /sta:/ (stato) del participio passato e /sta/ come in al sta (egli sta), che non è presente nella storiella ma che ho ben nell'orecchio. È anche abbastanza strano che nella storiella il participio sia scritto con l'accento stà visto che è un monosillabo. Probabilmente si tratta di una soluzione ortografica come per (lei), che sento con vocale lunga, per non confondere quest'ultimo coll'articolo le del mantovano urbano.
Poi, eh, magari son l'orecchie mie che fan cilecca, che davvero non mi meraviglierebbe. :P

Se non fosse stato per il Canepari che ne conferma con decisione la presenza, tuttavia, i miei conterranei mantovani m'avrebbero proprio fatto venir il dubbio sulla quantità vocalica distintiva di per in qua.

Infine per la n velare rispetto a quella alveolare la coppia pane/panno era proprio quella che avevo indagato coi parlanti. Il risultato fu che per alcuni erano omofoni e per altri, come mio padre, rappresentavano una coppia minima però non basata sulla n, bensí sulla quantità vocalica (pane avrebbe la lunga e panno la corta). :|
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 21:05

In bolognese e tutti gli altri dialetti emiliani all'infuori del ferrarese la coppia pane panno è distinta per la diversa n ma anche per la quantità, che risulta però invertita rispetto al mantovano : paņņ ( pane, uso un simbolo casuale perché scrivo dallo smartphone ) è pane, mentre paan è panno, e c'è poi pann che significa penne. In grafia sarebbero pan, pân e pànn ( ma la rappresentazione della n velare è ancora dibattuta.
Il plurale di pân è pâgn, come quello di ân ( anno ) che è âgn. Com'è nel tuo dialetto ?
Nel tuo dialetto c'è il suono gl di maglia ?
In bolognese la situazione è curiosa : nelle parole italiane con gl il bolognese ha j ( paglia - pâja ), mentre nelle parole italiane con li il bolognese ha gl ( Italia - itâglia ). Parallelamente all'italiano ni corrisponde gn ( ernia - êrgna ).
Mi piacerebbe sapere anche se il tuo dialetto e quelli circostanti conservano il passato remoto. In cremonese ho letto che ce ne sono tracce cristallizzate e rare come "el disè" ossia egli disse, o "el fasè", egli fece.
In emiliano è usatissimo e lungi dall'essere soppiantato dal passato prossimo ( viene addirittura usato più in dialetto che nell"italiano locale ).
È interessante notare come sia vivissimo nelle aree della bassa modenese confinanti con l'oltrepo e il polesine ( in Veneto non esiste da secoli ).
Sarei anche curioso di sapere come viene pronunciata la v intervocalica dalle tue parti. "La vacca" si dice "la vaca", la "waca" con v debolissima o "la aca" come in bergamasco e bresciano ?
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 21:22

Nel caso tu non li conosca, ti segnalo due utili siti.
"Vivaldi vivaio acustico" contiene numerosissimi esempi di parole in vari dialetti con la traduzione completa della parabola del figliol prodigo.
Per quanto riguarda la tua area, contiene i dialetti di Cremona, Bozzolo e Solferino.
Un altro sito è quello del "Gruppo Emiliano". Nel suo archivio sonoro ci sono innumerevoli canzoni e filastrocche cantante da madrelingua dialettofoni intervistati parecchi decenni addietro.
È ricchissimo per i dialetti emiliani, ma contiene anche documenti sonori da Villa Garibaldi e da Cremona. È un'ottima fonte di accesso ad una cultura e quotidianità del tutto perdute.
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 21:44

abc_conlang_123 wrote:In bolognese e tutti gli altri dialetti emiliani all'infuori del ferrarese la coppia pane panno è distinta per la diversa n ma anche per la quantità, che risulta però invertita rispetto al mantovano : paņņ ( pane, uso un simbolo casuale perché scrivo dallo smartphone ) è pane, mentre paan è panno, e c'è poi pann che significa penne. In grafia sarebbero pan, pân e pànn ( ma la rappresentazione della n velare è ancora dibattuta.
Il plurale di pân è pâgn, come quello di ân ( anno ) che è âgn. Com'è nel tuo dialetto ?
Nel tuo dialetto c'è il suono gl di maglia ?
Oh, beh, la coppia potrebbe essere invertita anche nel mio, sempre che ci sia o ci sia stata. Visto il rigore con cui condussi l'indagine non mi sento sicuro d'un bel niente. :lol:

Quanto ai due plurali nel dialetto corrente li ho sempre sentiti uguali al singolare, però qualche tempo fa un signore mi disse che una volta il plurale di "panno" (che in dialetto sarebbe una specie di pan) era pagn, colla gn come in italiano gnocco. Mio padre ed altri me lo confermarono.

Altra questione spinosa è la gl di maglia. Secondo mio padre c'è, naturalmente scempia, a differenza del mantovano urbano. Sinceramente però non son in grado di dire se non sia una contaminazione dovuta all'italiano o sia ristretta solo agl'italianismi. Fatto sta comunque che l'ho sentita usare da gente che parlava in dialetto.
Mi piacerebbe sapere anche se il tuo dialetto e quelli circostanti conservano il passato remoto. In cremonese ho letto che ce ne sono tracce cristallizzate e rare come "el disè" ossia egli disse, o "el fasè", egli fece.
Risposta breve: no, non lo conserva.
Risposta lunga: ho indagato a lungo al riguardo. In mantovano il passato remoto sopravviveva a malapena quando il Cherubini pubblicò il suo dizionario agli inizi del diciannovesimo secolo, ed egli l'aggiunse comunque soltanto in una noticina.
In cremonese al contrario, stando alla monografia di cui ho dato il collegamento nel mio primo messaggio in questo filone, sopravvisse in zone rurali fino agli anni '70 del '900. Oggi però lo danno tutti per morto e la mia zia cremonese afferma di non averlo mai sentito.
La gente del mio paesino se gli chiedi del passato remoto addirittura s'arrabbia e nega con tenacia che sia mai esistito. Non son riuscito a trovarne alcun'attestazione nel mio dialetto anche chiedendo a persone molto anziane. :(
Sarei anche curioso di sapere come viene pronunciata la v intervocalica dalle tue parti. "La vacca" si dice "la vaca", la "waca" con v debolissima o "la aca" come in bergamasco e bresciano ?
Di solito si sente, ma varia da parola a parola e da parlante a parlante. In "vacca" sento di solito "la vaca", sempre che le orecchie non mi tradiscano. "La aca" non l'ho mai sentita, mentre circa "la waca" son incerto.

Infine grazie ancora una volta per i siti consigliatimi. Sapevo del Vivaldi ma non avevo mai sentito parlare del sito del gruppo emiliano. Altra robina che avrà il suo cantuccino nel disco rigido. :yep:
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 21:52

Ma quindi stai svolgendo una sorta di ricerca sul tuo dialetto ?
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 22:29

Mah, sí e no.

Un anno o due fa m'ero messo in testa di volerlo imparare perché mi dispiaceva di non riuscire a parlarlo al di là delle solite due frasi. Sicché, dato che il materiale era assai poco, cominciai a darmi da fare sul campo, interagendo coi parlanti e scartabellando nella biblioteca pubblica.
E credimi all'inizio fu veramente pazzesco quando non sapevo dove sbatter la testa, e quel che è peggio avendo le basi linguistiche d'un dilettante.

L'episodio piú sconvolgente mi capitò mentre ero intento a scrivere la coniugazione di èsar.
Chiedevo a una signora di tradurmi in dialetto la frase "ero qui" per tutte le persone per scrivermi l'imperfetto del verbo.
Allora cominciai e le chiesi di tradurmi "ero qui": a seri chè.
Poi passai a "eri qui": at seri chè.
Dunque a "era qui": 'l era chè.
Poi passò un'altra signora che ci salutò e dunque la mia informatrice per riprendere il filo mi saltò su con: indua sivi? (dov'ero?)
Letteralmente trasalii.

Mesi dopo scoprii che all'imperfetto e al congiuntivo presente il verbo essere può avere, oltre alle proprie, anche le stesse forme di saví (sapere).

Sul passato remoto indagai con particolare interesse, perché essendo mezzo toscano ne sentivo davvero la mancanza quando provavo a esprimermi in dialetto.

La morale della favola è che faccio ancora fatica a spiccicare due parole in croce, però studiando il mio dialetto ho imparato parecchie cose interessanti e peraltro non solo sulla lingua.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-12, 23:10

Non oso immaginare la difficoltà dello studio di un dialetto rustico, di transizione e poco o per nulla documentato.
Io, nonostante mi ritenga di madrelingua assolutamente italiana, il bolognese lo conosco bene dalla nascita avendolo imparato dai ai miei nonni, ognuno dei quali parla una variante rustica diversa !
Tuttavia sono sempre stato in contatto anche con gente del centro storico e la variante che uso di più è quella standard. Inconsapevolmente, forse ritenendola più importante, la usavo anche prima di venirne a contatto in maniera più massiccia.
Per quanto riguarda l'intrusione di "sapere" nella coniugazione di "essere", l'ho riscontrata per la prima volta con stupore in cremonese, ma esiste anche in certi dialetti bolognesi montanari come forma colloquiale.
Com'è la situazione del dialetto nella tua zona ?
A Bologna, pur essendo parlato da una percentuale irrisoria, è lungi dal l'estinguersi e ci sono tanti corsi, rassegne e spettacoli. In campagna e nei paesi si parla di più. È vero che in lombardia i dialetti sono sulla soglia della totale estinzione ? O Mantova non è ridotta come Milano ?

E il tuo dialetto, considerando anche solo le poche frasi basilari, hai cominciato ad imparlo dall'infanzia, magari grazie a parenti, o cominci solo ora ? Se è così temo sia difficilissimo.
Forse io sono un caso a parte, poiché durante la mia infanzia sono stato a contatto con persone dialettofone più o meno anziane, dalle mie "balie" ai vicini di casa, dai parenti agli anziani del piccolissimo paesino sull'Appennino bolognese dove ero solito passare metà estate tutti gli anni. Ho anche avuto la grossa fortuna di conoscere cittadini bolognesi doc studiosi del loro dialetto ( alcuni di essi curano il sito bolognese ) ed è stata una bellissima opportunità.
Bisogna sfatare il mito che i dialetti sono gerghi vergognosi e da estirpare come un male.
Ma purtroppo moltissime persone, scoprendo che conosco attivamente il bolognese, mi dicono stupite " ma come fai a parlare un italiano così corretto ? Il dialetto non ti confonde ? "...
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-12, 23:59

Io l'ho detto e ribadito piú volte e lo dico a tutti quando capita: secondo me chi non parla bene il proprio dialetto non parla bene manco l'italiano. E piú passa il tempo e piú me ne convinco. :wink:

Per fortuna non sono completamente a digiuno di dialetto e anzi studiarlo è stato un po' un viaggio alla scoperta di me stesso, perché tante volte mi vien la frase giusta in dialetto piú d'istinto che non quando provo a ragionarci. Il mio piú grosso problema è stato che i miei nonni paterni, quelli settentrionali, sono morti prima che io potessi conoscerli e in aggiunta a questo ho una fortissima interferenza del lucchese da parte di mia madre e dei miei nonni toscani.

Lo studio del dialetto all'inizio è stato duro ma ora mi son fatto un po' le ossa. Il piú è stato imparare come coniugare per bene i verbi e su tutti la copula. Ho dovuto usare grammatiche mantovane e cremonesi e incrociare i dati per capire cosa e dove andare a cercare!

Nel mio dialetto l'uso di forme di saví al posto di quelle di èsar è molto vivo all'imperfetto, tanto che alla prima e seconda persona plurale mio padre e molti parlanti mi hanno saputo dare solo quelle! Alla prima e seconda singolare invece tendono a usare abbastanza sia le forme di èsar, sia quelle di saví. La terza persona all'imperfetto invece non usa forme di saví. Al congiuntivo presente e all'imperativo tutte le persone hanno anche la forma di saví però non le ho mai sentite usare spontaneamente. Quando ho indagato i parlanti m'han tuttavia confermato la possibilità di usarle e d'averle udite.

In provincia di Mantova comunque, sebben io mi lamenti spesso, non si può dire che il dialetto sia usato poi cosí poco o che sia morto e lo stesso dicasi di Cremona. Quel ch'è brutto purtroppo è che lo usano poco i giovani. Venne di moda proibire ai ragazzini di parlare in dialetto in casa e cosí non tutti son riusciti a impararlo fuori. Di positivo invece c'è che soprattutto negli ultimi anni i pregiudizi sul dialetto sono quasi del tutto scomparsi, sempre piú gente ne capisce il valore e alcune scuole hanno addirittura cominciato a insegnarlo seriamente.

Certo però siam ben lontani dal rigore che avete voi bolognesi.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-13, 0:32

Rigore... più che altro è passione e voglia di non appiattirsi culturalmente...
Nei dialetti rustici montanari, ma solo come forma volutamente, incisivamente colloquiale si può dire per esempio "a sîri" per "voi eravate". Sempre per dare alla parlata un tocco volutamente colloquiale, affettuoso e tipico delle mamme quando si rivolgono ai bambini piccoli "tu sei", si può dire "t cî", letteralmente "tu cei", forse per imitare la parlata ancora zoppicante dei neonati.
Nel tuo dialetto è forte la caduta delle vocali atone ( tratto emilianissimo ) ?
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Re: Parmigiano

Postby Itikar » 2014-09-13, 11:42

Mi riferivo al rigore accademico con cui sono realizzate le opere dedicate al bolognese.
Non posso che avere ammirazione per l'altissima qualità degli scritti del Vitali e degli altri autori degli articoli pubblicati sul sito bulgnais. :)

La caduta delle vocali atone nel mio dialetto è forse leggermente meno pronunciata che in mantovano urbano, ma è ben presente. Per esempio "settimana" è şmana, "non mi ricordo (mica)" è am arcordi mia e "son venuto" è a son vgní.

P.S.
Da noi "voi eravate" è a síu, la forma di èsar, piú teorica che reale, invece sarebbe a seru.
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Re: Parmigiano

Postby abc_conlang_123 » 2014-09-13, 12:03

Devo dire che le opere di Canepari, Vitali e pochissimi altri sono davvero un patrimonio. Personalmente le rileggo tantissime volte perché sono fatte così bene che è davvero un piacere.
Interessanti le forme citate. Ovviamente non ci saranno forme come i celeberrimi bolognesi "sbdèl - dmanndg - S. Ptrôni - ftléńna - mândmla" ossia "ospedale - domeniche - San Petronio ( patrono di Bologna ) - fettina - mandamela".
In bolognese urbano invece "voi eravate" è "ai êri".
C'è anche nel tuo dialetto la compresenza di "vû" ( usato per dare del voi, come forma di cortesia) e "vuèter" ( usato per il pronome di seconda persona plurale ) ?
Un tratto emiliano ( ma tipico di vari dialetti settentrionali ) per riconoscere la "rusticità" di un dialetto è l'osservazione delle vocali "epentetiche", quelle per esempio dei bolognesi "lîbEr - mèdEr" o dei ferraresi "libAr - madAr" ( libro, madre ). I dialetti con la forma in a sono più "periferici" ; non a caso in Emilia Romagna la forma in e si ritrova lungo tutta la via Emilia e nei centri maggiori della montagna, mentre nei paesini montani e nella bassa, compresa Ferrara e le aree confinanti con il mantovano, prevale la forma in a.
In lombardia la forma in e dovrebbe essere tipica del milanese, del bergamasco, forse anche del bresciano , mentre la forma in a dovrebbe esserci in pavese, varesotto, bresciano e mantovano ( tutte parlate più periferiche ).
A proposito di parlate periferiche lombarde, il Lodigiano è per me un compelto mistero...
Non si capisce se sia lombardo occidentale o di transizione, non si trova nulla di sensato sul web e, da quanto ho capito, le poche caratteristiche descritte dal Biondelli nel suo saggio sono completamente scomparse a favore di forme milanesi.
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